martedì 1 marzo 2011

Il vecchio

Cominciamo con un racconto, scritto qualche anno fa, dopo la morte di mio suocero. Il vecchio Leandro era un brav'uomo, un padre e un  nonno affettuoso. Di lui impressionavano, tra le altre qualità, il robusto appetito e le incredibili capacità digestive. Noi, che l'abbiamo conosciuto e amato, ricordiamo quella volta in cui fummo quasi sterminati da una partita di ostriche "freschissime" e lui avvertì solo qualche insignificante brontolio all'intestino... Da quell'episodio mi è venuta l'idea di questo racconto. Buona lettura.

Il vecchio

Era nevicato tutta la notte. Ancora. Pesantemente. Sembrava non finisse mai. E c’erano quelle  foreste. E quelle montagne. E poi la neve. Nient’altro che quella sterminata distesa bianca e fredda su ogni cosa. Terra, acqua, cielo, piante, animali. E uomini. Dronk non sapeva se il clan ce l’avrebbe fatta. E’ vero che ogni inverno era stata dura, ma mai come questa volta.
Dei settantadue membri del clan erano rimasti in quarantasei. Pilna e i suoi due figli, Ullo e suo padre, Sder, Varsa,  Gunde e gli altri: tutti sepolti, con le loro armi e i loro amuleti nella neve. A primavera i lupi avrebbero avuto carne in abbondanza quando la pioggia e il sole avrebbero scacciato il gelo. Forse. E gli altri clan che si erano rifugiati al sud sarebbero tornati come belve feroci e li avrebbero sterminati, se ne avessero trovato qualcuno vivo.
Ancora una volta aveva avuto ragione lui. Lendar, il vecchio. Aveva detto a Dronk di spostarsi a sud, come gli altri. L’autunno aveva dato segni inequivocabili di quello che sarebbe stato l’inverno. Ma Dronk non aveva voluto ascoltarlo. Era stanco del sangue. Troppi morti, da una parte e dall’altra. Soprattutto con il clan di Rongor. Temeva che spostarsi a sud avrebbe significato continuare lo sterminio. E i due clan si sarebbero indeboliti ancora di più. E altri clan ancora più temibili erano in agguato. E poi aveva sperato che l’inverno volgesse al meglio, com’era successo altre volte. Dronk aveva detto che bisognava seguire il grande branco degli alci. E così era stato. Ma da undici settimane era come se gli alci si fossero dileguati. E con loro tutti gli altri animali e le piante. La neve aveva divorato tutto. Non c’era più niente da fare.  Ci sarebbero stati altri quarantasei morti. E lui per ultimo. Li avrebbe seppelliti tutti, uno per uno, perché era il più forte. Ma lui sarebbe rimasto insepolto. Che gli dei avessero pietà di Dronk.
Nella piccola caverna dormivano ancora tutti. Solo Lendar era sveglio, seduto vicino al fuoco che aveva alimentato per tutta la notte. Dronk gli si avvicinò. Il vecchio come al solito stava masticando una delle sue radici legnose che gli avevano devastato i denti ma reso le gengive dure come lame di selce. Da quando era bambino Dronk ricordava Lendar come un vecchio. Sembrava che il tempo lo avesse dimenticato. E Lendar aveva continuato a fare il suo dovere. Come anziano spettava a lui  mangiare piante e animali sconosciuti. Poi il clan aspettava un giorno. Se Lendar sopravviveva, mangiavano tutti. Sembrava che gli dei amassero Lendar. Mai che avesse sbagliato una volta. Quando s’imbatteva in un fungo o una bacca o un insetto sconosciuto, lo fiutava a lungo. Poi lo mangiava con sicurezza, oppure lo buttava. Mai un errore. E il clan lo considerava ormai uno sciamano, anche se lui si scherniva e diceva che lo sciamano era solo Wodan. La sua era solo esperienza. E un bel po’ di fortuna. Tutto il clan ricordava di quella volta in cui Koln lo aveva contraddetto su un fungo bianco dal lungo stelo. Mai avevano visto un uomo vomitare le proprie viscere. E mai più lo avrebbero visto fino a quando Lendar fosse stato l’anziano del clan.
Ma questa volta anche Lendar non avrebbe potuto fare niente. Dronk lo abbracciò. Lendar lo guardò          
come un figlio. Senza rimprovero. Il vecchio sapeva che Dronk era stato un buon capo e non gliene voleva per quella decisione sbagliata. I capi sono uomini. I capi sbagliano.
L’alba era grigia ma non nevicava più. Dronk svegliò il clan e ordinò di mettersi in marcia. Restare lì non aveva senso. Tanto valeva fare un ultimo tentativo. Il clan si mise in cammino. Un serpente di uomini, donne, bambini vagava senza meta. Silenzioso.
Come sempre Lendar si era allontanato dagli altri. 0gni tanto lo si vedeva da qualche parte. Sbucava su un’altura, o da una foresta. Quando trovava del cibo emetteva un fischio potentissimo. Ma erano undici settimane che Lendar taceva. Ma verso mezzogiorno, mentre un piccolo  sole bianco sembrava avere fatto breccia nel cielo di pietra, il fischio di Lendar riecheggiò nella valle. Lendar apparve in alto, oltre gli alberi. Dronk fu il primo ad arrivare. Poi gli altri. Lendar li condusse a una grotta e con una torcia li guidò attraverso uno stretto cunicolo, finché sbucarono in una grande caverna. Al centro un fiumiciattolo finiva in una pozza d’acqua cristallina. E nella pozza nuotavano migliaia di piccole salamandre bianche e senza occhi. Alcuni affondarono le mani nell’acqua, ma Dronk li fermò. Neppure in questa circostanza poteva essere violata la legge dell’anziano. Tutti si sedettero. Lendar accese il fuoco. Affondò una mano nell’acqua. Prese una manciata di piccole salamandre. Se le mise in bocca. Cominciò a masticare. E quando ogni tanto apriva la bocca, si poteva vedere qualche rettile che ancora si dibatteva vivo tra le gengive di legno.
Completato il pasto, Lendar si rannicchiò vicino al fuoco e chiuse gli occhi. Il clan rimase a osservarlo per tutta la notte. Per tutta la notte ogni respiro di Lendar era del clan. Ogni suo sospiro, ogni brontolio, ogni contrazione erano la vita o la morte del clan. All’alba, quando Lendar aprì gli occhi e sorrise dalle fauci sdentate, Dronk diede il via libera e l’urlo del clan riecheggiò nell’alta volta della caverna.
La mattina dopo, come Lendar sapeva, erano tutti morti. Le bianche salamandre di Svangard non perdonano. Il vecchio raccolse i suoi amuleti e le sue armi. Strisciò lungo il cunicolo e, quando fu fuori, prese delle pietre e chiuse l’imboccatura. Una degna sepoltura per il clan di Dronk.
Nevicava ancora.
Un vecchio, solo,  si allontanava nella bianca distesa...